Giorgio Falossi

GIORGIO FALOSSI
Amico Carissimo del Priore e della Scuola di Barbiana

Da una lettera a Neera Fallaci

Mi pare che tu abbia posto due grandi questioni: come si arriva o si può arrivare a credere in Dio, come sia possibile appartenere alla Chiesa e essere liberi.

1. Non mi pare che don Lorenzo credesse nel ragionamento per credere in Dio. Lui c’era arrivato per una fulminazione, diciamo così, a sangue freddo. A quel punto il ragionamento lo aiutò a inquadrare la sua vita in questa nuova fede. Per gli altri, suoi ragazzi o no, faceva il discorso inverso. Prima inquadrava la vita. E il motivo guida era il vangelo, ma non tanto come dogma quanto come linea morale e politica. In questo campo il ragionamento è legittimo anzi necessario. Si comincia col dire che l’uomo è interdipendente e quindi non può fregarsi degli altri. Deve interessarsi agli altri a tutti i costi! Naturalmente non facendo la guerra, ma la pace, e cioè con amicizia. Anche perché poi si muore, e non c’è ragione di farsi cattivo sangue per questo breve tempo. Oggi si crede che tutti gli uomini sono uguali (magari ci si crede a parole) e lo credono anche i non cristiani. Non c’è bisogno di conoscere Gesù e il suo Vangelo per accettare il sistema della pace al posto della guerra, dell’amicizia al posto dell’odio, ecc. Certo, continuando a ragionare, a questo punto è logico fare delle scelte personali, scendere dalla teoria alla pratica. Quando con la scuola, con l’esempio e con il ragionamento avrai formato dei ragazzi che pensino come sopra, li inviterai a agire di conseguenza. E loro faranno quel che potranno, non tutti perfetti, non tutti maiali! Si capisce che ci vuole uno sforzo e un po’ di buona volontà ma l’alternativa ad una vita un pochino dedicata agli altri è la vita vuota. Voglio dire che vivere per se stessi porta alla nevrosi: sono gli altri che ci salvano dalla disperazione della solitudine. Scusa se te lo dico, ma non conta nulla credere di essere come “una botte vuota”. Uno dà quello che ha, poi riceve e così dà di più. Tu dirai che c’entra questo con Dio. C’entra nel senso che Don Lorenzo faceva così, cioè preparava la strada. Se poi Gesù si voleva far conoscere si faceva conoscere, altrimenti affari sua. Nessun uomo può dare a un altro uomo la fede. Questo lo capisci bene, vero? Si può, però, col ragionamento e con la vita, preparare la strada. Mi puoi domandare a cosa serve tutto questo. E io ti dico che conoscere Dio e Gesù serve per essere felici e liberi. Serve per dare un senso a tutte le cose e per avere la certezza che nessuno è botte vuota ma che ciascuno può contribuire alla felicità di ognuno in qualche modo. E serve a non essere egoisti perché quel che dai ti vien reso. E serve a non essere falsamente umili, ma aver coscienza che ogni uomo vale un universo. E serve per alzarsi dal letto la mattina con la convinzione di servire a poco e con la certezza che senza di te il mondo non sarebbe il solito, ma un po’ meno.  Questa non è una risposta convincente per te, immagino, ma cosa c’è di veramente convincente a questo mondo? Solo l’amore. Ma non l’amore universale bensì quello particolare donato a poche persone e ricevuto da pochi. Leggi la lettera a Nadia (Lettere di don Milani pag. 276) forse è più chiara dei miei discorsi. Non m’importa nulla dei essere stimato o onorato. Voglio che ci sia qualcuno che trepida per me e che io trepidi per qualcuno, ma non col cervello bensì col sangue. Certo che amando si hanno grandi delusioni. Così è per tutti: mariti, mogli, figli, amici tutti deludono qualche volta. E io quante volte avrò deluso la mia moglie, i figli, gli amici? Che ci vuoi fare? Non si può aspettare di essere perfetti per amare, per fare qualcosa. Anche Gesù non chiede cose così grosse. Basta un po’ di buona volontà e la vita va avanti.

2. La seconda questione che tu poni e cioè come mai è entrato nella Chiesa e ci è rimasto datosi che non c’è libertà. Ecco, a questo problema è molto difficile rispondere. Non perché io non abbia in me una risposta, ma perché non si può spiegare a chi non sta dentro non dico alla Chiesa come istituzione, ma a quello che chiamerei il “giro di Dio”. Poi, mi pare che tu abbia avuto un’educazione religiosa un po’ rigida tipo calvinista che se da un lato sviluppa l’individuo e l’aiuta a far da solo, dall’altra parte chiude un po’ a influssi esterni che rendono più facile la comprensione di tante cose. Di Don Lorenzo ti posso dire che era una persona libera. Certo parlando con te bisogna che io ti spieghi bene cosa intendo per libertà. Molte ideologie hanno parlato di libertà. I Greci sono stati un monumento alla loro idea di libertà. Hanno inventato la politica per dare una forma giuridica alla libertà. Ma io ti chiedo: chi era più libero, Platone, Aristotile, Tucidide o Socrate? I Romani hanno dogmatizzato la libertà: tutti erano liberi di essere... Romani e chi non lo era era, era fatto diventare per forza. E poi gli illuministi, glli idealisti! Tutta gente che si ripeteva tante volte di esser liberi da finire col crederci. Ma l’uomo come farà ad esser libero? Prima di tutto libero di o libero da? Vedi, il vino è buono e io son libero di berlo. Quando sono ubriaco sono ancora libero? Se qualcuno mi dice di sì, gli chiedo: a cosa mi serve la libertà in quel momento? Dirò di più: a cosa mi serve quella libertà nei confronti degli altri? Sarebbe meglio per tutti che io fossi libero dal vino. Cioè potessi fare a meno di bere. Chi dice di voler essere libero per fare ciò che vuole è astratto. Non c’è nessun fondamento esistenziale in quella affermazione. Analizzato il posto dell’uomo nell’universo, sia da un punto di vista biologico che sociale mi pare molto più realistica l’affermazione cristiana che l’uomo è libero di fare il suo bene e il bene degli altri.
La Chiesa cattolica è piena di difetti, ma sai perché! Perché i cattolici son pieni di difetti. Se nella Chiesa manca la libertà vuol dire che nei cattolici manca la libertà e, direi di più, manca la fede, cioè l’amicizia con Gesù. Perché poi tutti i problemi di Chiesa o non chiesa, religione o non religione vanno a finire lì: il cristianesimo non è una religione: è la conoscenza con un Dio che è diventato uomo per farci vedere che noi, poveri cretini, siamo più amati da Dio di quello che crediamo. San Paolo ha capito bene cosa vuol dire essere liberi nell’amore per gli altri per mezzo dell’amore di Dio. Ti potrei fare tanti esempi, uno per tutti: i prigionieri dei nazisti agli occhi di tutti erano schiavi, invece erano le persone più libere di quei momenti perché credevano in qualcosa più grande dei loro aguzzini e vivevano quello in cui credevano! Basta leggere quel che hanno scritto i condannati a morte di quei tempi per sentire subito se erano liberi! E come lo erano!
           
Insomma ora mi son messo a rileggere tutte queste chiacchiere e mi si son rizzati i capelli per la confusione che ho fatto. Beata te se non ti scandalizzi!

 

Memoria di don Lorenzo Milani

                                                                                                                      1982

Don Lorenzo Milani è morto nel 1967. Quindici anni fa. È passata un’epoca.
Si può vedere cosa è rimasto del suo insegnamento e della sua testimonianza? Vediamo, anzitutto, cosa ha insegnato e cosa ha testimoniato. Mi riferisco naturalmente agli anni del suo sacerdozio. Gli altri, i primi 20, lui li cancellava dalla sua vita, “i vent’anni passati nell’errore...”. Appena prete, con l’entusiasmo del convertito, si è presentato alla gente come quello che porta Cristo e crede che tutti siano lì ad aspettare a braccia aperte. Trovò, invece, ignoranza, indifferenza, opportunismo, incoerenza: uomini come sempre, dai tempi dei profeti fino agli ultimi giorni. Invece di adeguarsi al conformismo corrente o allontanarsi con disdegno, Don Lorenzo si fece carico di questa condizione del suo popolo e individuò il punto focale di questa situazione nell’ignoranza civile, nella miseria, nell’emarginazione dei contadini e dei montanari. La “scuola” che inventò per loro mirava a fornire elementi culturali tali da poter ascoltare la parola di Dio. Poi accettarla o rifiutarla ma con esperienza e ragione. In realtà questa scuola non era una scuola, per la semplice ragione che Don Lorenzo non era un maestro. Quella “scuola” era una puntigliosa ricerca del modo per far giustizia oggi, come dire il modo di costruire il regno di Dio. Con il fuoco dello Spirito e la serenità di chi conosce la verità, Don Lorenzo faceva conoscere il Padre ai suoi ragazzi, ai suoi contadini, ai montanari. Che sarebbe poi l’unico sistema per togliere l’emarginazione, la paura. A questo suo popolo, spogliato nei secoli anche della dignità di figli di Dio, Don Lorenzo portava la novità del vangelo facendosi lui tramite tra i loro bisogni e la gioiosa bontà di Dio. Umile come chi si avvicina allo splendore della casa del Padre e fiero come chi ha avuto l’incarico preciso, Don Lorenzo riuscì, per miracolo, a mantenere un perfetto equilibrio fra la tristezza dell’agonia e la gioia della resurrezione, scoraggiandosi degli insuccessi quel tanto che basta per ricominciare con più foga di prima. Aiutato da un’ironia toscana (ma non è anche questo un regalo di Dio?) aveva il gusto di ridurre al quotidiano le più grosse verità del Vangelo e di vestire di Paradiso i casi più piccini che ci capitano tutti i giorni. Questo lavoro quotidiano lo portava a scontrarsi con le cose del mondo: la scuola, la politica, la Chiesa, il lavoro, quel tanto che bastava per denunciare le ingiustizie, le sopraffazioni dei deboli ecc. che queste istituzioni si portano dietro. I giudizi di certi intellettuali fanno davvero ridere. Come se Don Lorenzo volesse riformare la scuola, o fondare un partito politico o altro. L’esaltazione del sapere, della libertà individuale, del mio e del tuo ci fa, ormai, velo a quelli che sono i veri bisogni degli uomini. Quando un profeta ci urla nell’anima che l’unico diritto è quello di aiutare gli altri e l’unico dovere è quello di ascoltare Dio, e non lo fa con grosse dissertazioni teologiche, ma scendendo ai problemi di tutti (sortirne da solo è l’avarizia, sortirne in tutti è la politica) ecco che ci difendiamo cercando di ingabbiarlo in qualche etichetta che lo possa screditare agli occhi dei benpensanti. È un superbo, è un violento, è un disobbediente... È proprio vero: solo chi ama e non disprezza i poveri per i loro difetti, ama davvero i poveri. Don Lorenzo era riuscito a creare per il suo popolo qualcosa di più che una Chiesa o un partito. La sua spoliazione era totale: egli si era fatto pietra, inerte nelle mani di Dio, e Dio l’aveva fatto pietra d’angolo. Pietra di inciampo e segno di contraddizione per molti. La sua dedizione gioiosa, il suo portare Cristo, avevano davvero realizzato la parola del Maestro: e verremo io e il Padre e abiteremo in loro. La gioia di vivere per Cristo e per gli altri porta anche la gioia di morire in Cristo. Don Lorenzo ebbe da Dio il dono della morte. E ne fece parte a tutti i suoi. Fu l’ultima testimonianza della sua fede in Dio che lasciò a chi lo conobbe. Una delle sue ultime frasi (gli ultimi giorni parlava a fatica) fu per un suo figliolo, tra i più amati: lo sai cosa sta succedendo in questa stanza? C’è un cammello che sta passando nella cruna di un ago! È ancora un segno della sua umiltà e della sua fiducia nel Signore. Io l’ho conosciuto e sono stato tanto amato e ringrazio la dolce bontà di Dio di avermi dato questa unghiata nell’anima. L’augurio che mi faccio è di ricordarmene il meno possibile.

 

 

 




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