ADELE CORRADI
Insegnante alla Scuola di Barbiana

Vicchio 13-07-01

Invitata dai padri comboniani a narrare la propria esperienza vissuta accanto al Priore, Adele risponde:
"Mi diedero una supplenza, la prima supplenza della scuola statale, per l’appunto a Borgo S. Lorenzo. La preside mi parlò di questa scuola di Barbiana, dove i ragazzi facevano cose straordinarie: studiavano, facevano orario continuato".

Adele racconta del suo desiderio di visitare questa scuola e del suo primo arrivo a Barbiana. Il Priore, come sempre il pomeriggio, iniziò la lezione con la lettura del giornale.
La prima impressione è quella d’aver di fronte un uomo “discretamente intelligente”:

"Volevo conoscere questa scuola perché ero lì a combattere con ragazzi che non avevano voglia di far nulla e mi chiedevo: come fa questo tizio a ottenere questi risultati, ha qualche ricetta?
Un mese dopo ci tornai. Arrivai che stavano facendo lezione e mi misi seduta ad ascoltare. Mezz’ora dopo, i ragazzi facevano dieci minuti di pausa.
Don Milani mi disse: “ Ha qualche ragione particolare, signora, per essere ritornata oggi?”
”Sì,” - dissi - “vi volevo chiedere come fate a insegnare a scrivere l’italiano,” - perché in un articolo avevo letto: "nella nostra scuola si scrive quando siamo ispirati. Non insegna nessuno".
In ogni scuola si diceva: "Scrivi male allora cerca di leggere molto. Si faceva tutte le correzioni, ma ai ragazzi importava solo del voto. Avevo provato a chiamarli alla cattedra uno per uno, ma quelli non stavano nemmeno a sentire. Sicchè, capii di non aver un metodo."

Così Adele chiede aiuto a Don Milani e lui gli risponde che proprio quel giorno avrebbero iniziato un metodo di scrittura che sarebbe servito a qualcosa:
"Stavano iniziando la lettera a Mario Lodi. Nella lettera dei ragazzi si descrive cos’è Barbiana. In quella di Don Milani si spiega com’era stata scritta".

Adele comincia a seguire la scuola di Barbiana. Don Milani, però vuole fargli capire che non è importante solo il metodo. Assiste sorpresa alla raccolta e stesura dei fogliolini. Nel momento in cui si raccolgono le idee e si sviluppa in una tecnica raffinata:
"Allora un giorno mi sfidò: “Ora vado a confessare e rimane lei al posto mio”.
Successe il finimondo! Devo dire che non si diedero alla pazza gioia. Litigavan tra loro: “Qui bisogna scrivere così. No, qui bisogna scrivere questo”.
Io non sapevo dare l'indicazione adatta, come lui che teneva tutti e reggeva la discussione.
Una delle cose che si imparano con la scrittura collettiva è rispettare il pensiero degl’altri. E’ un metodo che forma anche il carattere perché libera.
Per scrivere si doveva pensarci sopra e avere ragioni oggettive.
Son rimasta a Barbiana".

Infatti, poco dopo, si trasferì in una casa vicino alla parrocchia. La mattina la passava nella scuola media di Borgo San Lorenzo. La sera insegnava a Barbiana. Dove si sentiva anche allieva.
"Ho assistito alla scrittura della lettera a Mario Lodi e a tutte le altre, scritte dopo. Ho partecipato a tutta la stesura della “Lettera a una professoressa”, partecipando come potevo.
Se avevo un’idea mettevo un fogliettino sulla cattedra la mattina prima di andare a scuola. Anzi, vi dirò, siccome una delle tesi era non bocciare, io gli facevo sempre trovare il mio fogliettino con l'idea a proposito. Ma non trovavo mai la mia idea sul libro.
Allora un giorno mi disse: “Non ha ancora capito che quello che dice lei, quella stupidaggine, non la vogliamo scrivere?”
Nel mio fogliolino avevo scritto che i professori quando assumeranno il consiglio di non bocciare passeranno da una classe all’altra dei somari. Bisogna dirgli di stare attenti ad insegnare bene. Promuovere sì, ma promuovere gente che ha fatto qualcosa. Lui mi rispondeva: “Che vuol dire, bisogna dire ai professori di insegnare? Sono insegnanti, se non insegnano andranno all’inferno”. A lui sembrava un consiglio assurdo. Invece è successo proprio così: hanno trovato tutte le ragioni per promuovere, ma non hanno cambiato metodo di insegnamento. La mia fu una profezia e lui la classificò una stupidaggine.
Don Milani non mi diede mai consigli per la mia scuola, a parte la scrittura collettiva. Ma io non avevo coraggio. L’ho usata dopo anni che era morto e mi ha appassionato, perché i ragazzi partecipano. Quando facevo il tempo pieno, di pomeriggio, i ragazzi mi suggerivano sempre di fare scrittura collettiva.

 

 

 




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