Una giornata a Barbiana

Intervista di Vittorio Narducci a Edoardo Martinelli


Sintesi: l'intervista richiama alcuni contenuti significativi dell'opera e del metodo del "maestro" don Milani Comparetti. Emergono, altresì, alcuni agganci riguardo l'attuale riforma della scuola italiana e taluni spunti critici rispetto al valore riconoscibile al "priore" ed alla portata pedagogica della scuola di Barbiana. Il dialogo si chiude con una esemplificazione metodologica che evidenzia una sorprendente attualità didattica.
La semplicità delle domande pone nell'esclusivo risalto le qualità e i contenuti "forti" dell'intervistato.

V.N.: Quali riferimenti essenziali raccoglie il libro Progetto Lorenzo, edito dal Centro Documentazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana?
E.M.: Il lavoro collega il lettore ai luoghi e alle testimonianze degli ultimi allievi del Priore di Sant'Andrea.
In particolare nel volume viene analizzato il periodo più fecondo di questa “scuoletta” di montagna, ossia lo spazio legato alle vicende che hanno prodotto due opere: Lettera ai giudici e Lettera a una professoressa.
L'immagine, rappresentata sulla facciata della copertina del libro, mostra la composizione circolare del gruppo classe e valorizza l'ultimo alunno (Marcellino accanto alla stufa), mentre la riproduzione, sul retro, di un righello vuol dare importanza allo strumento didattico.

V.N.: Vuoi fornire qualche chiarimento riguardo il volume come “strumento didattico”?
E.M.: Fare scuola non significa dare solo contenuti, ma capacità di senso critico e di comprensione, identità e serenità interiore. In questa direzione il libro rifiuta la logica lineare, ma si presenta come un ipertesto e, in tal senso, si erano prospettate altre iniziative integrative. Difatti - se il progetto presentato non fosse stato bocciato dal Ministero della Pubblica Istruzione, referente (dell'allora ministro Berlinguer) Raffaele Iosa, sabotato dalla Provincia, presidente Michele Gesualdi e ridimensionato dal comune di Vicchio - il libro avrebbe avuto al suo interno un Cd-Rom con tutto il materiale inerente don Lorenzo Milani e la sua Scuola.

V.N.: A pagina 145 del libro si parla di un “laboratorio virtuale”, vuoi chiarire perché non è stato ancora realizzato?
E.M.: Non è stato possibile realizzare questo laboratorio per le minacce di chiusura del Centro e le false accuse d'incompetenza e di profitti illeciti rivolte agli organizzatori, tra i quali gli ultimi allievi della scuola di Barbiana.
Una polemica infeconda e che ha visto lo stesso premier dei DS incapace di prendere posizione e difendere i promotori di un'iniziativa salutare al processo di Riforma in corso all'interno dell'istituzione scolastica italiana.

V.N.: A proposito della Riforma della scuola puoi riferire il pensiero del Centro di Documentazione “don Milani” o, quantomeno, il Tuo personale?
E.M.: Lo spirito del progetto di riforma da una parte si è riempito di contenuti sempre più validi, dall'altra ha impedito il dibattito e la dialettica tra soggetti sociali. Eliminato ogni dibattito democratico non resta che affidarci ai contenuti dei grandi intellettuali e al "didattichese" degli esperti. La riflessione, diventata solo per gli addetti ai lavori, riporta la scuola al “cambiar tutto per non cambiar nulla ..." e al " ... vivere fine a se stessa ..." della Lettera a una professoressa.

V.N.: Ritornando a parlare del libro Progetto Lorenzo, cosa pensano e dicono effettivamente gli ex allievi di don Milani?
E.M.: In primo luogo ricordano quale era il supporto e il “trucco” del mestiere del loro Maestro. Pubblicano integralmente il testo “sbobinato” di una conferenza tenuta dal loro Priore ai direttori didattici nel gennaio del '62, all'interno del quale si parla di metodi e di tecniche didattiche.
Del resto, il libro è letteralmente intriso di racconti inediti del popolo di Barbiana e tiene a mettere in risalto le donne contadine, madri degli allievi.
Nelle riflessioni che accompagnano i testi-testimonianze emerge il profilo dell'educatore regista e portatore di strumenti.
Dopo un'esperienza educativa, consolidata in 20 anni d'insegnamento, dicono i testimoni: "non si può più affermare, come fa Michele Gesualdi, che il Maestro di Barbiana era un improvvisatore o uno sprovveduto giocoliere diventato educatore per sbaglio o perché punito dalla Chiesa”.

V.N.: A questo punto devi permettermi di coinvolgerti nel ricordo e pertanto riferire almeno qualche messaggio o significato sui propositi di don Milani.
E.M.: Nella breve e travagliata esperienza di vita del Priore ebbe significato fondere le risorse familiari con quelle della sua gente, giovani montanari ed emarginati.
La riforma scolastica propugnata dal Priore aveva come presupposto il supporto delle grandi culture di massa, e, quindi, di quella operaia e contadina, austere e non permissive, e, soprattutto, legate alla realtà.
Al popolo bisognava dare solo gli strumenti per esprimerle e integrarle con le risorse presenti nella cultura con la " C " maiuscola.
Anche se è vero che il “duemila” ci fa assistere ad una decadenza delle tradizioni storiche e alla perdita di linee guida di comportamento etico, il Suo metodo resta comunque un metodo che si contrappone alla logica nozionistica e trasmissiva delle Enciclopedie, che privilegia le attività dì gruppo e di Ricerca/Azione dentro uno sfondo integratore che altro non è che la Realtà.
Purtroppo per molti educatori il modello Barbiana rappresentò improvvisazione, laboratorio povero o, soltanto, eliminazione del voto e del registro.
Spesso, i radicali difensori di quell'esperienza eroica hanno innalzato il Priore di Barbiana fino a tradurlo solo in mito e a ucciderne l'applicabilità del pensiero. Raramente, penso a Mario Lodi, Tullio De Mauro, A. Canevaro, Mon. G. Catti, e vari altri che al momento non ricordo, l'educatore ha individuato all'interno del "progetto" del Priore metodi e tecniche che si legherebbero in modo naturale ai nuclei fondanti la riforma scolastica proposta inizialmente da questo Governo.

V.N.: A tale ultimo proposito vuoi fare qualche esemplificazione?
E.M.: E’ vero, quando parliamo di metodologie didattiche oggi usiamo un linguaggio molto raffinato: didattica per obiettivi, la ricerca/azione, il cooperative learning, la didattica per concetti, lo sfondo integratore, ossia l'involucro, il contenitore che determina l'unità del percorso educativo, la percezione dei nessi, il senso della continuità che collega le molte attività didattiche che altrimenti resterebbero disperse e frantumate.
Per don Lorenzo Milani tale sfondo era sia relazionale, che istituzionale, consonante con la Sua metodologia di lavoro di gruppo, di ricerca e azione. Una metodologia che ha visto per un certo periodo protagonista il Movimento di Cooperazione Educativa, oggi purtroppo decaduto o meglio frammentato in tante esperienze valide, ma non collegate tra loro.
Il canovaccio dell'educatore regista e portatore di strumenti, vedi Lettera a una professoressa, è proponibile solo se all'interno della scuola esistono rapporti veri tra insegnanti, allievi, genitori, tessuto sociale e territorio. Non come oggi: rapporti frettolosi, superficiali o competitivi.
Voglio, di proposito, utilizzare il linguaggio d’oggi per parlare dell'esperienza di ieri per liberare il nostro Maestro dall'isolamento mistificatorio nel quale è stato relegato. Non credo interessi più di tanto collocarlo su di un piedistallo o in un tabernacolo.
Alla scuola di Barbiana noi figli di contadini trovavamo la nostra identità culturale e gli strumenti capaci di fare esprimere la nostra cultura; eravamo protagonisti attivi del nostro percorso formativo (self help/tutoraggio). L'educatore si trasformava da trasmettitore delle conoscenze in strumento capace di organizzare i contesti più idonei all'apprendimento.
Progettare contesti flessibili, più che rispettare le logiche determinate dalla progressione lineare delle singole discipline, sta al cuore della Sua metodologia. Un percorso formativo interdisciplinare che produsse insegnamento per progetti e ricerche mono-tematiche. A Barbiana, che era un vero e proprio centro editoriale, il momento e il luogo della fruizione dello strumento didattico coincideva con il momento e il luogo della produzione.
Ma andiamo per gradi e vediamo come da un dettaglio, il comunicato dei cappellani militari, sia stato possibile produrre una scrittura collettiva, la Lettera ai giudici. Riassumo sinteticamente le fasi dell'itinerario di quel lavoro il cui input fu dato dall'articolo della Nazione, che mi pare fosse portato dal prof. Agostino Ammannati e da Facchini Ferrero.

- Lettura collettiva e discussione.
- Elaborazione di uno schema.
- Ricerca storica e messa a confronto di testi come il Saitta e lo Smith.
- Elaborazione collettiva.
- Coinvolgimento degli esperti esterni; anche i contadini che hanno fatto la guerra montano in cattedra.
- Valorizzazione del punto di vista di chi è stato manipolato e svalutazione del pensiero comune incapace di critica.
- Il testo viene verificato a tutti i livelli.
- Attivazione del centro editoriale.
- Correzione delle bozze.
- Analisi dei media e loro uso.
Per mesi e mesi la scuola sembrava svolgere solo una disciplina: la storia. Invece dentro tale metodo si ricomponeva tutto: italiano, statistica, matematica, geografia, diritto, oratoria ecc...
Il fatto che tale strumento abbia consentito al Priore un'autodifesa e che Lui abbia fortemente influenzato i contenuti di tale lavoro di gruppo (insegnanti, ragazzi, visitatori, popolo, esperti esterni, ecc.) non significa che ciò possa
diminuire il valore metodologico della Sua scuola.
V.N.: grazie per la cordiale disponibilità, il tempo e i contenuti che hai concesso ai lettori di Corporeità.

1) Ho conosciuto Edoardo Martinelli in uno dei tanti convegni frequentati per orientare al meglio il mio impegno quotidiano di educatore e soddisfare la personale voglia di comprendere, di riflettere e, ricercando, superare la crisi che le certezze altrui mi procuravano.
Quel convegno è rimasto dentro, noto e rivisitato di tanto in tanto nella memoria per le incertezze che mi aveva causato la realistica rievocazione di don Milani e l’ascolto di Martinelli. Nel tempo, oltre alle comprensibili emozioni, per i significati da approfondire ho nutrito sempre l'intento di reincontrare Edoardo, che nel frattempo e in virtù del reciproco sentimento empatetico, era diventato, telefonicamente e epistolarmente, più che un conoscente. "Il tempo è galantuomo"…l'intento oggi, grazie alla cortese disponibilità, all'amore per il Suo Priore ed alla profonda stima per il Suo Maestro, ho incontrato l'amico Martinelli… si è reso concreto e l'intervista è scorsa velocemente arricchendosi di chiarimenti, di prese di posizioni e di spunti per auspicabili per più approfondite riflessioni.
Personalmente, infine, ho la sensazione ”fantastica” di aver vissuto qualche ora a Barbiana, in una data qualsiasi tra il 1964 e il 1967, ma in relazione ai contenuti "forti e densi", concretamente rappresentati dal giovane maestro Edoardo Martinelli.