Conversione-Scuola di Barbiana

Conversione

   

Foto_1LA CONVERSIONE












adolescenzaIL MONDO DELL'ARTE

 

Dopo il liceo Lorenzo tornò per un anno a Firenze a studiare pittura. Il padre e la madre lo avevano educato, fin da piccolo, a fare le sue scelte in modo autonomo, garantendo, insieme agli altri privilegi, un'educazione libera: “Per quanto il caso di mio figlio mi abbia colpito profondamente, non gli ho mai detto, né allora né dopo, una sola parola che lo potesse condizionare nella sua libertà. Io ho sempre rispettato la sua libertà e lui ha sempre rispettato la mia ”

Però quando Lorenzo esprime il desiderio di diventare pittore, il padre, preoccupato per l'instabilità apparente del ragazzo, si rivolge ad un amico: il professor Giorgio Pasquali. Gli chiede di trovargli un buon maestro.

“Ha una minima energia di lavoro", risponderà il professore parlando di Lorenzo con una lettera datata 4 giugno 1941, in cui comunica di aver trovato un maestro:”... dopo tre prove vane mi è riuscito, credo, di trovarne uno: è un tedesco di Amburgo, Staude, coltissima e bravissima persona, di finissime maniere ... è un pittore molto consapevole della propria arte e dei problemi che l'arte suscita, e un pensoso. Credo che, se anche la pittura non riuscisse, avrebbe sul tuo figliolo un effetto benefico, calmante e serenatore. E' personalità moralmente molto alta. … . Il ragazzo è, secondo me, intelligente, come è pieno di grazia, ma, lasciando andare se l'attitudine alle arti figurative siano vere, ciò che in fondo non possiamo ancora sapere, ha una minima energia di lavoro. Io ho cercato per il tuo figliolo un maestro a modo".

 

IL MAESTRO DI PITTURA

HANS JOACHIN STAUDE

 

 

staudeHans Joachin Staude, amante della semplificazione, essenzialità ed unitarietà, rimane sorpreso per la caparbietà del suo allievo: "Per me una cosa memorabile fu proprio lo slancio con cui si mise all'opera per realizzare quanto gli avevo comunicato. Mai avevo trovato tanta veemenza in uno scolaro. Mentre fuori era il più bel maggio del mondo, si chiuse in questo studio polveroso che prendeva luce da nord … . Trovai in questo scolaro una completa non preparazione. Fui io a fargli fare il primo vero disegno della sua vita. Mi resi subito conto che era un giovane dotato di grande intelligenza. Così, invece di limitarmi a correggere i suoi disegni, gli spiegai da che cosa doveva partire: gli parlai della scelta di tutto ciò che è essenziale, gli parlai della semplificazione, gli parlai della unità che deve regnare in ogni lavoro, disegno o pittura che sia. E lui capì al volo queste cose (....) ".

Sarà il suo maestro di pittura, personalità moralmente molto alta, a aprire un varco nella confusione: "Con Lorenzo parlavo del senso sacrale della vita. Perché il mio scopo di pittore è di far diventare sacra la realtà che mi circonda, è di esprimere "il santo" che è nel profondo di tutti noi (...). E' la prima volta che dico queste cose. Le dimentichi ".

L'esperienza con lo Staude, attraverso la sua ricerca del santo nascosto in ogni cosa, produce nel ragazzo, un'iniziazione al senso religioso della vita e alla ricerca di un assoluto spirituale. La particolare sensibilità al colore lo porterà ad appassionarsi sempre più al linguaggio pittorico e poi a quello liturgico per scoprire i significati: "Era un ragazzo capace di avvertire un godimento sensuale per il colore ". "A primavera, racconterà don Auro Giubbolini suo compagno di seminario, andava sempre per i campi a vedere i mutamenti di colore della natura ".

Nell'estate del '42, trova un vecchio messale e ne rimane fortemente influenzato: " Ho trovato un vecchio messale qui a Gigliola, in una cappellina di proprietà della famiglia. Ho letto la Messa. Ma sai che è più interessante dei Sei personaggi in cerca di autore?

Il processo di materializzazione e rappresentazione del segno, per mezzo del pennello, gli farà sempre più scoprire e rifiutare la sua identità: " (....) Poi dico Porco Io (....) dico che sono un coglione, che sono un troia, che la pittura è una vacca e che mi fa rivedere (nella pittura come specchio) cioè vomire, vomitare, rigettare, putrefare ".

Questa sensibilità interiore lo spinge a esplorare altre gerarchie di valori, anche se apparentemente più umili: "Mi piacerebbe fare dei grandi affreschi pieni d'angeli biondi, ma sciare è molto più bello, anche pattinare a rotelle è più bello, anche cascare dietro il palazzo di Giustizia è più bello, molto più bello è avere degli amici accanto è 7 volte e l/2 più bello. Io preferirei avere accanto degli amici che dipingere ".

Come dice Padre David Maria Turoldo, la sua già forte personalità si trasformerà repentinamente, fino a esprimere il desiderio di diventare parte dell'invisibile e del santo suscitato dal pittore tedesco. "Il fenomeno don Milani, non si spiega che con il segreto della santità (…) santità riuscita a sposarsi a una autentica dialettica vissuta addirittura sul piano della "cultura". Una santità che finalmente non è solo bontà come si usa giudicare da parte degli intellettuali, forse per legittimare la loro viltà e i loro compromessi. Qui non siamo di fronte solo a un convertito, qui c'è qualcosa di più. In antico si sarebbe detto che qui siamo davanti a un predestinato".

I significati che stanno dietro l'espressività della Messa, argomento degli affreschi che voleva dipingere nel chiesino di famiglia, a Gigliola, lo porteranno invece a vivere il mistero che si cela nella funzione sacra e comunitaria. La pittura non rappresentava più quella soglia tra il dentro, la coscienza, ed il fuori, la realtà. In lui quella soglia si fa parola. La mancanza di parola del ragazzo montanaro di Barbiana, oppure dell'operaio di S. Donato e anche la parola diversa dell'intellettuale, prigioniero e limitato da un certo tipo di realtà culturale, necessiteranno di un tramite per poter comunicare. Dice, giustamente, Francesco Milanesi: "Non si accontentò più di dipingere con tela e pennelli, lo fece con tutto se stesso. Fece di sé il pennello, della sua vita la tela e dei sacramenti i suoi colori". La pittura, strumento espressivo, era, per il priore, insufficiente a capire lo scopo della propria esistenza e limitativa al suo bisogno di comunicare. Lo dice al maestro poco dopo il suo ingresso in seminario e Staude resta stupito dal cambiamento: "E’ tutta colpa tua. Perché tu mi hai parlato della necessità di cercare sempre l’essenziale, di eliminare i dettagli e di semplificare, di vedere le cose come un'unità dove ogni parte dipende dall'altra. A me non bastava fare tutto questo su un pezzo di carta. Non mi bastava cercare questi rapporti tra i colori. Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone del mondo. E ho preso un'altra strada ".

Questi nuovi rapporti lo libereranno dal vuoto e gli daranno uno scopo. Nel settembre del 1942 Lorenzo si iscrive all'Accademia di Belle Arti a Brera dove apre uno studio a piazzale Fiume, ma nel novembre a causa della guerra, si trasferisce di nuovo a Firenze.

 

Il mondo laico

 

"Frequentava palestre e circoli operai era più o meno socialista ". E' di questo periodo l'incontro con la componente laicista fiorentina, composta di pensatori, di educatori e di uomini politici senza pregiudiziali. Saranno questi stessi uomini che lo difenderanno allo spasimo, scrivendo su riviste come Scuola e città, Il Ponte e Azione non violenta di Capitini, ammirato da don Milani per la sua sincerità di non credente. Una componente, in seguito ben rappresentata anche dagli amici giornalisti: Mario Cartoni e Giorgio Pecorini. Dentro la scuola di Barbiana tale pensiero era sostenuto dalla personalità forte e dalla critica tagliente dell'amico e collaboratore professor Agostino Ammannati.

Molti erano uomini del vecchio Partito d'Azione. Erano coscienze poco disposte a parlare con il prete eppure, conoscendolo, hanno smontato, insieme a lui, gli steccati, anche quelli interni alle loro chiese. Saranno, quasi solo, questi uomini a difenderlo da coloro che si proporranno come i detentori delle verità cristiane, perché facenti parte della gerarchia ecclesiastica. Riconobbero, anche se più sottovoce, la rottura con il loro mondo borghese e sperarono con lui in un futuro di giustizia e liberazione. Sono loro ad esaltare la sua visione profetica, il suo primato della coscienza su l'obbedienza borghese o clericale, quella che non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Essi confermano, nelle loro testimonianze, l'autenticità di questo prete incline alle nette prese di posizione, ma dentro l'ortodossia rigorosa. E' stato un prete col quale hanno potuto dialogare su qualsiasi argomento perché la sua scuola, che alcuni di loro hanno frequentato, sia a S. Donato che a Barbiana, non fu mai confessionale, come lui stesso ha spesso chiarito: “Il prete lo faccio quando amministro i sacramenti. La scuola mi serve per cercare di trasformare i sudditi in popolo sovrano, gli operai ed i contadini sfruttati, in persone consapevoli e capaci di rivendicare i propri diritti ".

Per loro, Lorenzo rimane l'educatore rivoluzionario che hanno incontrato e mentre la sua fede è considerata un fatto privato, vedono nel tema della giustizia l'elemento propulsore alla sua vocazione. Questi incontri daranno impulso alla sua crescita morale e interiore, ma il periodo più burrascoso e incerto della sua vita lo spingerà ad andare oltre: " (...) dominato, quasi ossessionato, dal tema della giustizia e del diritto alla vita ".

Questa ossessione, sprigionata dalla drammaticità dell'esistenza umana in quel particolare periodo storico del '43, avrà bisogno di altre risposte prima di capire bene il suo destino. Il cugino Paolo, ufficiale a bordo della corazzata "Roma", affondata dai tedeschi, annegherà il 9 settembre.

 

IL VANGELO

 

La conversione di don Milani è di poco prima. Come dice la madre, è e resterà un mistero che nessuno potrà spiegare. Si sa del fascino provocato dal messale trovato nella cappella di famiglia. Ma cosa, con esattezza, lo ha spinto quel giorno da don Bensi? La curiosità, il desiderio di Verità o la ricerca dell'Assoluto?

Dice il vecchio sacerdote descrivendo l'ambiente di provenienza del suo giovane neofita: " Una morale integrale laica, una perfezione estetica, un senso del dovere fino allo scrupolo, un gusto per la raffinatezza e l'armonia, che non lasciavano il minimo spazio per Dio. Il nome di Cristo non l'aveva mai sentito pronunciare. Nemmeno un'educazione ebrea, ma perfettamente agnostica, compiutamente secolarizzata, anche se una madre ebrea rimane sempre e comunque un'ebrea, anche se non lo professa ".

Lorenzo_SeminaristaIn seminario troverà una ragione assoluta per vivere: "La nostra è una famiglia in cui si è sempre avuto tutto, dal pane alla cultura, dal prestigio al gusto delle cose belle. Ma solo in seminario Lorenzo trovò subito ciò che istintivamente cercava con tutto se stesso: una ragione assoluta per vivere, una disciplina costante ".

E' certo che, d'un colpo solo, Lorenzo Milani Comparetti che proveniva con i suoi vent'anni da un altro ambiente, vide tutta l'educazione ricevuta svuotarsi di tanti valori: " ...i vent'anni passati nelle tenebre …” come spesso ricorderà non solo nelle lettere. La Verità del Vangelo lo condurrà sullo stesso itinerario dell'apostolo Paolo: dalle tenebre alla luce. Un mistero che non può essere spiegato: "Mio marito ed io eravamo contrari, abbiamo sofferto di quella scelta. Io come agnostica ed ebrea, e anche mio marito benché cattolico d'anagrafe. Ma non abbiamo detto o fatto nulla per distogliere Lorenzo dal suo proposito. Lo conoscevamo bene, sapevamo che se aveva deciso per quella strada nessuno lo avrebbe potuto dissuadere. Cosa ho provato davanti alla sua conversione? Come dirlo? e poi, perché parlarne? Credo che questo appartenga solo a me, al mio cuore e ai miei ricordi. Una cosa come quella è sempre un mistero, e io non posso presumere d'aver capito il mistero della vocazione religiosa di mio figlio ".

Il comportamento di quel ragazzo resta indelebile nella memoria del padre spirituale: "Quel ragazzo, partì subito per l'Assoluto, senza vie di mezzo. Certo è che, una volta incontrata la verità del Vangelo, decidersi per essa fu tutt'uno; niente poteva reggere il confronto, non restava che vivere solo per Dio ". La fede, dunque, era fame di assoluto, dedizione completa, autenticità cristiana. Sarà, per il giovane, motivo di grandi libertà e scudo contro la schiavitù della storia. Così la fede gli farà scrivere, burlandosi delle verità di ogni tempo, di: " ... precedere sempre il secolo, di trascinarselo dietro come un garzoncello intimidito ... ".

Ecco che l'iniziazione lascia il posto: "alla verità che viene dall'alto".

La conversione si colloca subito dopo il ritorno a Firenze, la data la definisce lui stesso in una lettera inviata il 4 giugno 1963 all'amica Elena Brambilla che gli faceva gli auguri per un anniversario di sacerdozio: "Mia moglie ed io le mandiamo i nostri affettuosi ringraziamenti. Non ci eravamo accorti delle nostre nozze d'argento. Comunque proprio in questi giorni il 27 maggio ho compiuto 40 anni di vita "civile", proprio oggi 20 anni di vita cristiana e in questo mese compirò i 16 anni di sacerdozio".

Parlando della conversione di Lorenzo, dice Padre Ernesto Balducci: " Entrato come di scatto nell'universo cattolico, egli lo accettò come nascendo si accetta il mondo esistente. Per lui la Chiesa era quella che era come l'Orsa Maggiore, che non si mette in questione ".